In un periodo in cui tutti si scorticano le mani per applaudire alle meraviglie della didattica a distanza e ai benefici del mondo digitalizzato, senza peraltro capire un fico secco di pedagogia, psicologia e ancora meno di informatica, sorveglianza e privacy, forse perché apppartenendo al genere di persone il cui motto è il sempiterno “pecunia non olet“, infatti di fronte alla possibilità di lavorare meno e di poterlo fare da casa propria, mantenendo però inalterato il proprio stipendio, costoro non si pongono affato il problema, quantomai tangibile, dei seri danni causati a un’intera generazione di fanciulli e ai milioni di nuovi disoccupati con famiglia, che il digitale e la “provvidenziale” pandemia, andrànno a creare, e per i quali non esisterà “smartworking” o solidarietà.
Ebbene in un periodo simile, io mi ritrovo, come sempre, controcorrente e non senza fatica.
Una fatica che è data non tanto dallo sforzo di remare controcorrente, quanto dal fatto che l’imbarcazione sulla quale compio la mia azione, la scuola, imbarca acqua perché, danneggiata, irrimediabilmente lesionata nella sua struttura, ormai derelitta, che da oltre trent’anni subisce tremende bordate, chiamate in maniera involontariamente comica “riforme“, sparate senza scrupolo alcuno, da chi avrebbe dovuto salvaguardarla.
Dicevo delle meraviglie del digitale, avrei potuto assegnare comodamente un bellissimo elaborato di Pixel Art, sarebbe stato sufficiente linkare uno dei molteplici siti che offrono questa possibilità, disegnare tramite il PC, colorare i pixel dello schermo in maniera tale da formare qualcosa di esteticamente carino, con la semplicità di un clic, avrei reso felici i tanti adepti della nuova religione, quella per cui l’essere umano è un errore della natura e come tale va eliminato, categorie come uomo o donna, bambino e bambina, sono parole da dimenticare, quelli per cui il pensiero non può essere critico, ma deve essere computazionale e possibilmente unico.
Invece no, da bravo cavernicolo, primitivo, tradizionalista, bastian contrario, sovversivo, negazionista, odiatore, e chi più ne ha più ne metta, ho proposto un lavoro in cui la mente concepisce e la mano esegue, in cui la fantasia dell’individuo, ha uno spazio ben delimitato nel quale operare, il foglio d’album, perché Michelangelo, prima di affrescare la Cappella Sistina, riempì pagine di taccuini con schizzi e bozzetti, così è nato l’elaborato dei puntini, senza declassare o rinnegare secoli di tradizione, perché se è vero che tutti i movimenti artistici sono nati dal rifiuto della tradizione e delle regole accademiche, è anche vero che prima del rifiuto vi era l”acquisizione della conoscenza e l’azione dell’esperienza, solo dopo questi due fondamentali passaggi può arrivare la consapevolezza e la sperimentazione di un nuovo linguaggio, che in seguito può tradursi in innovazione.
In cosa consiste quindi il lavoro?
Si sceglie un’immagine, un soggetto a piacere, non troppo complesso, un fiore, un animale, lo si riporta a matita leggera, nelle sue linee essenziali su foglio d’album liscio, infine lo si colora con i pennarelli, con due possibili opzioni:
A) lo si riproduce con puntini di uguale dimensione e con i medesimi colori dell’immagine scelta;
B) lo si riproduce con puntini di dimensione variabile e con colore a scelta tra il monocromatico o il multicolore.
Sembra complicato?
Niente affatto, è solo questione di pazienza e di puntini, puntini e ancora puntini.
Qui sotto la galleria immagini, con i piccoli capolavori realizzati.

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