Il mostro

Quando decisi di aprire questo modestissimo e sconosciuto blog, l’idea era di utilizzarlo come una sorta di diario personale o per meglio dire, come diario della malattia, visto che a quel tempo ero gravemente depresso.
Quando scrivo depresso, intendo dire che soffrivo di “disturbo depressivo maggiore”, non ero triste, come può capitare a chiunque per un qualsiasi motivo, ma depresso, con continue crisi di pianto e intenzione di farla finita, questa era la mia condizione all’epoca, e prima di ritrovarmi in quell’abisso, non avevo avuto alcun segnale che potesse mettermi sul chi va là, o che potesse suonare come campanello d’allarme, ma vivevo un’esistenza che potrei definire “normale”.
Sul come e sul perché finì per diventare depresso, non sarà qui oggetto di trattazione, se proprio interessa, si trova ampia narrazione nei post pubblicati in precedenza.

Durante la malattia, scrivevo i miei pensieri su di un diario cartaceo, che avevo fatto leggere ad alcuni amici, di cui all’epoca abbondavo, provvidenziale giunse poi il Covid a separare il grano dalla gramigna, ed oggi me ne rimangono appena un paio, ma di quelli veri.
Le stesse pagine di diario le avevano potute leggere alcune persone che come me, frequentavano un gruppo di auto-mutuo aiuto.
Sia i primi, che i secondi, mi incoraggarono a metter su un blog, in modo che quei pensieri potessero ricevere un riscontro pubblico ed essere utili a chi si trovava nella mia stessa condizione o comunque a me in prima persona, visto che mi tenevano occupato.
Del riscontro pubblico non me ne sono mai curato, non mi interessava prima e non mi interessa adesso diventare un blogger professionista, fare guadagni o raggiungere la popolarità, che tengo a precisare, dubito che riuscirei a raggiungere.
Sono convinto che la povertà dei contenuti, la scarsa consistenza di ciò che racconto e scrivo, e l’ancor più scarso interesse che materiale di tal fatta, possa suscitare in chicchessia, basti a mantenere nell’anonimato queste pagine e a me va bene così.
A prescindere da quelle che erano le mie aspettative sul blog, so bene che qualunque cosa io scriva, diventa di dominio pubblico nello stesso istante che decido di pubblicarlo, perciò prima di pubblicare un post, lo leggo e lo rileggo, poi decido se modificare qualche definizione o se evitare di menzionare qualcosa che potrebbe suscitare offesa nelle persone più sensibili o suscettibili, infine lo pubblico, con il conforto del contatore di visite che mi rassicura che le parole qui vergate, vengono lette da pochissime persone.
Mi ha molto stupito il venire a conoscenza di maldicenze sul mio conto, maldicenze fondate su quanto ho scritto qui, nonostante si tratti di esternazioni legittime di un sentimento autentico, che dovrebbe, e sono costretto ad utilizzare il condizionale, richiamare ciò che di più elevato possa esistere, ovvero l’amore primigenio.
Può esistere un simile sentimento tra un uomo di 45 anni e una ragazzina di 13?

Dipende da ciò che si intende con questa definizione. Chi è padre, la risposta la conosce già, ma io non lo sono.
Se avessi palpato parti intime di una ragazzina di quell’età, ovviamente non potrei definirlo amore, ma reato.
L’unica definizione che non mi faccia scadere nella volgarità sarebbe “impulso di tipo sessuale” e sarei comunque condannabile senza se e senza ma.

Ritengo inutile giustificarmi agli occhi di chi mi ha già qualidicato come porco e condannato come pervertito, senza comprendere ciò che in quel post esprimevo, ma come si suol dire, ognuno vede negli altri ciò che ha nel proprio cuore, evidentemente se vedi del marcio, non significa forzatamente che il marcio non ci sia, ma magari è il tuo cuore che dovresti ripulire.

Mi si attacca perché ho scritto una lettera ad ogni mia alunna.

Verissimo, lo sanno anche le pareti della scuola, le bidelle ed i colleghi presenti in commissione d’esami, mi hanno visto prepararle ed imbustarle, oltre che consegnarle alla fine di ogni colloquio, nulla è stato fatto nell’ombra, ma alla piena luce del sole, non avendo poi scritto nulla di offensivo o sconveniente, davo anche per scontato che le medesime lettere, le mie alunne, le avrebbero fatte leggere ai genitori.

Difatti alcune mamme mi hanno poi scritto per ringraziarmi, alcune erano addirittura commosse da ciò che ho scritto alle loro figlie.

Assieme alla lettera, ad ogni alunna ho regalato anche un mazzo di rose. Badate bene, rose bianche (simbolo di purezza), non rose rosse (simbolo di passione), mi tocca precisare anche questo.

Eh, sì, ma cosa c’era scritto in quelle lettere, brutto sporcaccione?”

Già, cosa ho mai potuto scrivere in quelle lettere?

Semplicemente mi accomiatavo da alunne che ho conosciuto due anni prima, quando erano delle bimbette, e mi dichiaravo fortunato per averle potute accompagnare fino alla classe terza, adesso che le trasformazioni della pubertà le hanno fatto diventare delle piccole meraviglie, per le quali provo non grande affetto, definirlo così sarebbe riduttivo.

E allora quale potrebbe mai essere il sentimento che provo?
Lo lascio immaginare a ciascun eventuale lettore, sperando che almeno le mie alunne, su questo non abbiano dubbi.

Ho anche riempito di complimenti queste alunne, chi per lo splendido colore degli occhi, chi per il magnifico sorriso, chi per il carattere, ho infine detto che mi sarebbero mancate e anche molto. Apriti Cielo! Scandalo!!!

I complimenti, oltre ad essere oggettivi, perché se una ragazza ha degli occhi meravigliosi, non vedo perché io non possa dirglielo, dopotutto l’ho frequentata per tre anni, ho sempre ammirato i suoi occhi, perché non posso rivelargli ciò che penso di quegli occhi una volta concluso il percorso insieme?

In passato ho avuto colleghi che chiamavano le alunne “bella figa” e gli alunni “testa ti caxxo”e nessuno dei genitori veniva mai a protestare, fossi stato io genitore, avrei fracassato il naso a un prof che si permetteva simili appellativi, non solo per la volgarità di tali terminologie, ma soprattutto per l’atteggiamento assunto nei confronti di quegli alunni, che qui per ovvie ragioni non può trasparire, ma io che all’epoca facevo sostegno e assistevo a queste “encomiabili prestazioni” uscivo dall’aula disgustato, ma al collega feci sapere che la cosa doveva cessare se non voleva trovarsi in un’aula di tribunale.

Io non mi sono mai permesso simili atteggiamenti, i miei alunni li ho sempre chiamati per nome, sia ragazzi che ragazze, talvolta, quando mi scrivevano preoccupati per un compito o una scadenza, mi sono permesso di chiamarli “tesoro”, indifferentemente se maschi o femmine, prima che qualcuno svenga faccio un breve esempio:

Alunna: “Buonasera prof, su classroom ha scritto che la consegna è per giovedì prossimo, ma io non ci sarò perché ho le gare di kayak, glielo posso consegnare domani il mio elaborato?

Prof M: “Certo tesoro, stai tranquilla“.

 

Ma c’è dell’altro, se una ragazzina ha un bell’aspetto ma è convinta di essere “racchia”, perché non dirgli che la sua convinzione è errata? Oppure, se un bambino è convinto di essere una nullità solo perché la sua statura è più bassa della media, perché non fargli capire che non è l’altezza che conta, e che per quanto mi riguarda gli voglio bene a prescindere, perché questo bambino si è sempre mostrato corretto e collaborativo.

Se una bambina è già stata vittima di pesanti episodi di bullismo, posso recuperare parte della sua autostima facendole dei complimenti e dicendole che sono innamorato dei suoi occhi, o devo lasciarla annichilire dai giudizi esterni ormai assimilati?

E secondo voi com’è possibile convincere qualcuno il cui inconscio lavora subdolamentee da anni per trasmettere messaggi negativi ed opposti a quella che è la realtà oggettiva, e fargli capire che non è brutt0/a, non è stupido/a, non è incapace, anzi dargli motivo di credere un po’ più in sè stesso/a e nelle proprie capacità?
Come convincere qualcuno che ha un’autostima sotto i piedi, del proprio effettivo valore?

Ma ciò che nessuno ha contestato è che agli alunni, ovvero ai maschietti, ho donato pacchi di barrette al latte ricoperte di cioccolato. Nessuno poi ha avuto da ridire sul fatto che le lettere le ho scritte anche ai maschietti più fragili o a quelli cui mi sento più legato.

Ah! Allora non ti bastano le ragazzine, sei proprio un porco di primo livello, anche i maschi vuoi circuire (e sedurre)!”

Se avessi regalato delle rose ai ragazzi, lo immaginate quale sarebbe stata la naturale reazione dei compagni di scuola più infantili, immaturi e maliziosi?
Lo sfottò, il perculamento, l’ingiuria reciproca, e la trasformazione di ragazzi già fragili in potenziali vittime di bullismo o cyberbullismo.

Il ricevere cioccolatini invece ha stemperato lo stress post-esame ed è stato un pensiero gradito, se non da tutti, da buona parte di essi.

Ma anche alcuni di loro, hanno ricevuto una mia lettera o una mia lunga mail, ed insieme alla lettera hanno ricevuto una bella banconota arancione…, quanti alunni hanno fatto esami? Trentasette.

Quante alunne hanno ricevuto un mazzo di rose? Diciotto.

Quanti alunni hanno ricevuto cioccolatini? Diciannove.

Quanti hanno ricevuto una banconota da 50 euro? Dieci.

Quanti hanno ricevuto altro tipo di dono (matite colorate professionali, pennelli, seti di acquerelli, pastelli, libri)? Tredici.

Quanto denaro è costato tutto ciò all’oscuro seduttore di fanciulle e moderno pifferaio magico? Fatevi due conti, se vi riesce.

E questo solamente per rimanere nell’ambito delle classi terze, mi tocca precisare che avevo anche due classi prime e due classi seconde, dove non ho lesinato impegno, affetto e soprattutto regali.

Perché di regali ne ho fatti a bizzeffe e nel corso di tutto l’anno scolastico, così come ho sempre fatto in tutte le scuole in cui ho lavorato, tanto che alcuni colleghi mi chiamavano Babbo Natale.

Le rose le ho donate anche a tutte le colleghe, alla dirigente e alla fiduciaria, i cioccolatini a tutti gli altri colleghi.

Quante colleghe avevo lo scorso anno scolastico? Quattordici.

I bidelli hanno ricevuto un bel sacchetto con prodotti cosmetici de l’Erbolario, più una bottiglia di pregiatissimo olio d’oliva DOP biologico da 1 litro, non un campioncino gratuito.

Su questo nessuno ha avuto da contestare nulla, peccato che anche i “grazie” siano stati, non dico scarsi, ma proprio rari.

Può un uomo che non ha figli, voler bene ai suoi alunni?

Sììììììììììììììììììì, caxxo!

Posso voler bene ad una ragazzina che ho trattato come una figlia da quando l’ho conosciuta?

Può questa ragazzina volermi bene, tanto da avermi trattato come un padre?

Posso desiderare di non perderla e soprattutto di non perdere il suo affetto, l’unico cui potrò mai ambire che possa anche solo lontanamente avvicinarsi al sentimento padre-figlia?

In questi anni, tanti sono stati gli alunni che avrei desiderato adottare, figli di genitori che pur amandoli, non riuscivano a gestirli o ad averne cura, oppure figli di genitori che avrebbero dovuto sterilizzarsi anziché mettere al mondo creature cui hanno fatto passare l’inferno in terra, o ancora rimasti orfani di padre o di entrambi i genitori, l’ultima proprio l’anno appena concluso, una bambina dolcissima e il suo fratellino, che perso il papà, si sono trovati in una più che precaria condizione, con una mamma alle prese con la malattia innominabile e continui cicli di chemioterapia, posso provare amore per questi bambini?
Posso cercare di rassicurarli e offrire loro normalità e affetto?

Amo questi alunni, ma cosa potevo fare per cambiare la loro condizione?
Assolutamente nulla, non ho simili poteri e me ne rammarico. L’unica cosa che potevo fare per loro, non per dovere, ma per coscienza e per Amore, era far capire loro che non tutti gli esseri umani sono indegni, che la vita offre sempre occasioni di rivalsa, che per ogni persona che ti fa del male, ce n’è sempre qualcuna che ti vorrà bene, e far sentire loro semplice e autentico calore umano.

Alcuni di questi alunni li ho potuti portare un’intera giornata al mare. Altri li ho portati in montagna, altri ancora all’acquario di Genova, al parco Zoom o a Gardaland. Questo fa di me un porco, un pervertito o un approfittatore?
Con me c’era sempre mia moglie, che tra l’altro ha sempre agito alla stessa maniera con i suoi alunni (lei fa ancora sostegno).
Entrambi avremmo voluto fortemente diventare genitori, entrambi siamo stati sconfitti dal destino.

Esistono l’adozione e l’affido, se questo è il motivo!

Certo, non lo nego.
Ma sapete la fatica che comporta percorrere quel sentiero?

Siete in grado di capire quali ferite e quali cicatrici vanno a riaprire certi percorsi, in persone che nella loro infanzia hanno subito le peggiori nefandezze che un genitore possa fare al proprio figlio?

Siete consapevoli che a due precari che vivono in una casa di 40 mq, danno pochissime speranze di una conclusione positiva di tale percorso?

Siete in grado di comprendere le assurde domande cui sarete sottoposti dagli psicologi dopo che avete fatto un percorso di due anni con la speranza di ottenere l’avallo alla vostra richiesta di adozione?

Eccovene una: “se suo figlio fa i capricci e piange, lei lo getterebbe dalla finestra?”

Ed ecco la risposta di una persona sana di mente: “ma che razza di domande pone, getterei volentieri Lei dalla finestra!

Ovviamente iter pro-adozione interrotto per mancata idoneità dei soggetti richiedenti.

Quando è stato possibile ci siamo offerti di alleggerire una giornata a questi ragazzi o ragazze, sempre in accordo con le famiglie, nulla è mai stato fatto in maniera occulta o poco limpida.
Nessuna delle mie alunne ha mai ricevuto dal sottoscritto attenzioni di genere diverso dall’amorevole benevolenza, nessuno può affermare che una delle mie mani si sia mai posata su alcuna parte del corpo che non sia una spalla (se coperta) per dare una pacca d’incoraggiamento.

A differenza di personaggi noti o meno noti, dello spettacolo o della politica, che suscitano l’ammirazione dei più e che hanno anche coperto ruoli istituzionali, ogni mia azione non è commessa per ottenere tenerezze o favori di tipo sessuale, ipocriti che non siete altro.

Quale crimine avrei commesso?

Hai elemosinato, anzi comprato l’affetto di ragazzi ingenui e inconsapevoli!

Complimenti per la considerazione che avete dei vostri figli. L’affetto l’ho ricevuto solo perché sono stato empatico e comprensivo, quel che ho donato in seguito, è stato solo per riconoscenza, poiché non sono un amico e neanche un parente di questi ragazzi, nulla mi era dovuto, come nulla era dovuto loro. Sono stato spesso anche duro con i miei alunni, ho messo note disciplinari, li ho rimproverati, ho fatto saltare ore di laboratorio per castigo, ho fatto percorrere avanti e indietro i corridoi e le scale fra il piano terra e il primo piano finché non si formava una fila ordinata, ho tirato pugni sulla cattedra o contro l’armadietto per imporre l’ordine e il silenzio in classe, non sono stato meno autorevole del dovuto, ma il loro affetto me lo hanno elargito ugualmente e a piene mani, segno che almeno loro, hanno compreso che il tizio che insegna arte, in realtà insegna qualcosa di più grande e utile, qualcosa che li ha arricchiti.

Se a distanza di anni ricevo ancora inviti per le feste di diploma o dei diciotto anni, da parte dei miei ex alunni, significa che qualcosa devo aver lasciato a questi ragazzi, non certo traumi, molestie o ricordi dolorosi.

Ci sono quindici anni di carriera che possono testimoniarlo per me, sempre con il massimo dell’impegno e della disponibilità, nonostante io sia precario, senza mai una lamentela sul mio conto, se non “professore Lei è troppo buono” (leggasi “troppo fesso”).

Se questo non vi basta, tenetevi pure il marcio che avete nel cuore e pensate pure ciò che più vi aggrada, non mi scalfite affatto e non intendo rimuovere nulla di quanto scritto su questo blog, perché quel che ho scritto corrisponde esattamente a quel che penso, provo e continuerò a provare, al contrario di voi, automi dal cuore di silicio, che pur di trovare il male, magari nascosto nel seminterrato, non vi fareste alcuna remora a demolire l’intero edificio dove risiedeva il bene.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.