Care ragazze e cari ragazzi,
siamo giunti alla fine di questo percorso, a molti di voi sembrerà inutile leggere queste parole e magari è proprio così, ad altri sembreranno le solite banalità, parole scritte (ma avrei voluto dirvele personalmente) tanto per facciata o per ruolo istituzionale, chi mi ha potuto conoscere, sa che il senso delle istituzioni, specie quelle scolastiche, per me è qualcosa di alieno e perciò distante anni luce dal mio pensiero, per cui, quello che qui scrivo, equivale a quello che penso e quello che penso, non deve per forza coincidere con quello che pensano gli altri, finché non usano la menzogna, tutti hanno identico diritto di esprimersi e vanno difesi anche e soprattutto quando la pensano diversamente da me.
Ho conosciuto alcuni di voi sicuramente meglio di altri, avrei voluto conoscere meglio tutti voi, perché penso che il modo migliore per fare quello che faccio è appunto conoscere la persona che c’è dietro ogni alunno, perché è la persona che ha valore, sempre, l’alunno potrebbe averne meno poiché viene giudicato in base all’impegno, alla serietà, all’ordine, alla precisione, alla puntualità, alla bravura, alla logica, all’intelligenza, ma capite bene che ogni essere umano è diverso dall’altro e sono troppi i fattori non dipendenti dalla volontà o dalle capacità del singolo che potrebbero determinare o meno il successo.
Certamente mi rendo conto se uno è più bravo di un altro, se si è impegnato o se ha fatto il furbo, ma non è quello che determina il mio giudizio, perché non voglio contribuire a creare futuri narcisisti tutti pieni di sé, che ambiscono esclusivamente al possesso materiale e perciò sono disposti a passare sopra chiunque gli si pari dinanzi pur di raggiungere il proprio scopo.
Per come la vedo io, la scuola è concepita in maniera tale da creare solo competizione, una società che mira a creare competizione tra i suoi membri è una società che alimenta solo divisioni, dove i diversi vengono emarginati, i deboli sono abbandonati al proprio destino e i forti vengono esaltati.
Dove c’è competizione non può maturare il senso di solidarietà, di collaborazione e di comunità, se invece sono questi i valori fondativi, nessuno resta indietro.
Mi si potrebbe replicare che dato che non credo alla Scuola, per quale motivo faccio questo lavoro? Il fatto di non credere alla Scuola è invece significativo e indicativo di ciò in cui credo davvero, dal momento che mi faccio in quattro e non certo per lo stipendio, ho guadagnato ben più denaro quando lavoravo al McDonalds e avevo molto più tempo libero, ma sapete che soddisfazione friggere patate e cuocere hamburger…; non è per i miei colleghi che lo faccio, anche se il mio aiuto lo offro sempre volentieri e alcuni di loro meriterebbero davvero una statua per la dedizione e l’amore che mettono nel proprio lavoro; non lo faccio per il ministro dell’istruzione, quello attuale o quelli precedenti, tanto più che i ministri passano così come i concorsi ma dei precari come me, non se ne cura nessuno e il prossimo concorso ci vede esclusi ancora una volta.
L’unico motivo per cui faccio questo lavoro è perché credo nei ragazzi, perché ritengo che le persone più fortunate al mondo siano i vostri genitori che possono vedervi tutti i giorni, in parte lo sono anch’io perché ho potuto accompagnarvi per un periodo relativamente lungo, credo che avere avuto questo privilegio mi abbia arricchito e soprattutto migliorato come persona, come insegnante rimango quello che ero, cioè pessimo.
Vorrei scrivere a ciascuno di voi, perché siete diversi, avete problemi diversi, caratteri diversi, reagite in maniera differente gli uni dagli altri, non poche volte mi avete sorpreso e sempre positivamente, se talvolta avete commesso errori rientra nella natura umana e soprattutto giovanile, se fossimo perfetti non vivremmo su questo pianeta e l’unico essere umano, che, si racconta fosse perfetto, venne crocifisso duemilaventi anni fa… avete anche diverse speranze e diversi sogni che vi auguro dal profondo del mio cuore di realizzare.
Siccome con l’età oltre ad aver acquisito un po’ di esperienza e forse di saggezza, ho anche acquisito una maggiore capacità di commuovermi e di piangere, mi capita quando vado a correre e trovo un povero animaletto morto investito da qualche auto, mi capita se penso ai cani che ho avuto in gioventù o agli amici che ho perso, e mi capita quando vivo una separazione, che sia dalla mia famiglia, da mia moglie o dai miei ragazzi, perciò, tra i tanti aspetti negativi del lockdown e dell’emergenza, che mi ha privato di ulteriori esperienze insieme a voi, le gite, il rafting, le prove Invalsi o la normale routine, la quotidianità, c’è almeno un aspetto positivo, potrò disattivare la webcam in caso di lacrime.
Un ultimo consiglio riguardante l’elaborato finale, 15 minuti di tempo non saranno sufficienti ad esprimere quanto avete preparato, ma consolatevi perché non sarebbero comunque sufficienti per esprimere ciò che siete, ciò che siete lo avete espresso nel periodo di tempo trascorso in classe, alcuni di voi non lo hanno mai davvero fatto, alcuni per limiti caratteriali (timidezza, insicurezza, paura del giudizio altrui), altri perché non lo sanno ancora chi sono e mi auguro che lo possano scoprire quanto prima perché vivono un periodo di profonda crisi, altri perché per potersi esprimere bisogna maturare e non tutti maturano alla stessa età, per cui, tornando all’elaborato finale, cercate di condurre voi le danze, portate la discussione dove ritenete voi importante, cercate di andare oltre i concetti che avete studiato, utilizzate parole vostre, imprimete il vostro giudizio, il vostro pensiero, perché è quello che vi contraddistingue ed è quello che interessa ai docenti, gli ansiosi provino a chiudere gli occhi e a rimanere concentrati non sulla platea (i docenti), ma sulla propria ricerca (il nucleo tematico), in quei 15 minuti sarete voi i docenti e davanti avrete i vostri studenti.
Se vi bloccherete o andrete in crisi, nessuno infierirà su voi, abbiamo già valutato gli elaborati e la presentazione inciderà solo per il 20% (1/5) sul giudizio globale, quindi keep calm!
Se mi capiterà di incontrarvi, sarò felicissimo e se vi fermerete anche solo un istante per salutarmi o per fare due chiacchiere lo sarò ancora di più, ma state tranquilli, se non lo farete, mi rimarrà comunque il ricordo del tempo trascorso con voi ad osservarvi non osservato, dalla mia posizione privilegiata in ultima fila e tanto mi basta.
Sappiate che sono orgoglioso di voi, di tutti voi, se in futuro doveste aver bisogno di me (prima di fare stupidaggini) ricordate che io ci sono.
Vi abbraccio affettuosamente e vi saluto con un proverbio dei nativi americani:
“Lungo il cammino della vostra vita fate in modo di non privare gli altri della felicità. Evitate di dare dispiaceri ai vostri simili ma, al contrario, vedete di procurare loro gioia ogni volta che potete!”.
Prof. Murolo