Il fatto di esser cresciuto senza la presenza forte e rassicurante della figura paterna, oltre ad avermi reso un ragazzino insicuro, perennemente timido, apparentemente scontroso, con una cartella (allora NON si utilizzava lo zaino) piena di problemi quali disgrafia, disortografia e dislessia, in tempi in cui non esistevano le certificazioni per i disturbi di apprendimento, ma l’unico supporto erano i tradizionali metodi “correttivi”, cioè l’esercizio costante e i continui “ceffoni” ben assestati da una madre frustrata, probabilmente dall’assenza del consorte, oltre che dalla vecchia (anziana è una parola troppo dolce per la persona in questione) e diversamente comprensiva maestra che trasformavano la mia faccia in un gonfio e rosso palloncino.

Il non avere un padre presente non mi ha dato modo di vivere quelle esperienze tipiche del rapporto padre-figlio come dare i primi calci al pallone, con il proprio papà che si lascia fare gol, andare insieme a raccogliere castagne o funghi, fare una bella passeggiata in montagna con il papà che ti prende in spalla per farti superare un ostacolo, salire sul trattore o andare a pesca, imparare a nuotare o ad andare in bicicletta e chissà quante altre cose che sarebbero state talmente naturali e scontate se fossi cresciuto in una famiglia “normale”, purtroppo la mia famiglia, normale non era e gli unici momenti in cui era riunita con mio padre presente, cioè Natale e Capodanno, coincidono anche con alcuni dei ricordi più amari, quando urla e botte erano i grandi protagonisti e sostituivano i tradizionali canti natalizi.

Ovviamente oggi che mi ritrovo a lavorare nella scuola e a contatto con i ragazzi, quelle dinamiche che in gioventù mi erano sconosciute, sono diventate il mio pane quotidiano, e forse, proprio perché ne riconosco davvero il valore, riesco a viverle pienamente e profondamente e ad instaurare un rapporto particolare con gli alunni, non sono il loro papà e neanche il loro amico, di amici ne hanno già a sufficienza, forse anche troppi o troppo virtuali, in un’epoca che vede anche i genitori essere i “migliori amici” dei figli e collezionare conoscenze fittizie sui social, preferisco essere semplicemente l’insegnante, magari quello “strano” e forse quello “pazzo” che ricorda il giorno del compleanno dei propri alunni, che si preoccupa di sapere se stanno bene prima ancora di preoccuparsi se hanno svolto il compito, semplicemente perché ricorda molto bene la fatica che ha fatto quando era ancora un alunno problematico.

Il fatto di non avere figli non mi permetterà di riparare ai “danni” fatti dal mio di padre, ma posso ritenermi fortunato perché negli anni ho potuto conoscere e frequentare centinaia di bambini, figli di altri genitori, ma con negli occhi, quello che tutti i bambini hanno e che anch’ìo certamente avevo: sogni, speranze, entusiasmo, allegria, spensieratezza, fiducia, spontaneità.
Trascorrere molte ore in loro compagnia mi ha arricchito sia come docente ma anche e soprattutto come uomo, dal punto di vista materiale non ha apportato nulla, ma dal punto di vista emotivo e spirituale, ha riempito la mia anima.

L’altra faccia della medaglia, il lato negativo, consiste nel doversi separare da questi ragazzi, che sia per la fine delle lezioni o per le vacanze di Natale o di Pasqua, patisco sempre molto questa separazione, e l’essere stato un ragazzino timido e insicuro, mi porta ancora oggi grandi difficoltà ad esprimere tali sentimenti quando è ora di farlo, si parlo proprio di sentimenti, poiché voglio bene a questi ragazzi, come si fa a non volergliene? Se li si osserva attentamente, se non ci si limita a giudicarli, se ci si sofferma qualche attimo oltre il muro costruito ad arte dalle nevrotiche e incapaci istituzioni scolastiche negli ultimi trent’anni, non si può non vedere cosa c’è dietro ciascun alunno.

Per fortuna in mio soccorso viene la rete e le svariate possibilità che essa offre quando è ben utilizzata, la tecnologia ha i suoi aspetti positivi, uno di questi è la possibilità di postare un video per salutare i miei ragazzi, ma per cortesia e decenza, se ci tenete alla pelle, non nominatemi la “didattica a distanza“, se lo farete, preparatevi a correre…

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