Quando decisi di acquistare casa, nello stesso luogo in cui ancora oggi risiedo (Monastero di Vasco), non vedevo l’ora di liberarmi, una volta e per sempre, delle odiose spese dell’affitto, tanto più che quei soldi finivano sempre per riempire le tasche di padroni di casa degni della migliore letteratura Ottocentesca, gente così attaccata al denaro da far impallidire Ebenizer Scrooge in persona.
Per non parlare degli alloggi, presentati come piccole bomboniere, o gioielli di comfort, ideali per la giovane coppia in cerca di un angolino romantico.
Per la verità piccoli lo erano davvero, ma di gioeilli o bomboniere non vi era  alcuna traccia se non nella mente malata di chi li proponeva in affitto.
Alloggi vecchi, malmessi, con vicini di casa molesti e padroni di casa taccagni fin nelle ossa che non si degnavano di far sistemare una caldaia che in termini di età, faceva invidia a Matusalemme e certamente aveva visto più primavere di quante ne avevo viste io che di anni ne avevo 27, oppure che lasciavano in dotazione all’alloggio materassi talmente usurati e luridi da far sembrare un porcile qualcosa di asettico.
Il mio primo padrone di casa, un carabiniere in pensione in quel di Mondovì, ebbe perfino il barbaro coraggio di pretendere 8 mensilità in anticipo come caparra antifrode (o anti-terrone forse), alla faccia dell’onestà e della divisa che si vantava di aver portato!
Qualcuno potrebbe ribattere che nessuno mi obbligava ad andare a vivere in quelle topaie, infatti nessuno mi puntò una pistola alla schiena minacciandomi, se non il bisogno.
Quando si è nel bisogno e per giunta quando non si è soli, ma c’è una moglie al seguito, anche una topaia è da preferirsi al rimanere sotto un ponte.
Così nei miei primi 5 anni di vita piemontese mi sono fatto una vasta cultura in fauna di vario tipo, ratti, scarafaggi, ragni, centopiedi e muffe.
A 23 anni ero andato a vivere in Veneto, a Treviso, dove avevo lavorato per oltre 2 anni in un ristorante McDonalds, la classica gavetta, friggere patate, cuocere hamburger, pulire i tavoli e anche i gabinetti, con l’odore dell’olio fritto che rimaneva perennemente nelle narici, ma uno stipendio dignitoso e una vita che a quell’età sembrava potesse solo migliorare.
Giunto in Piemonte, tra un lavoro pagato male ed un altro pagato meglio ma totalmente in nero, ho iniziato a metter da parte un gruzzoletto che, anche grazie al fatto di non aver visto un pub, un cinema o un concerto per 5 anni, ovvero risparmiando, mi ha permesso di acquistare la mia prima casetta con pagamento dell’intera somma in contanti, non perché fossi matto ma perché le banche non offrono mutui o prestiti a chi ha lavori precari e non può offire garanzie materiali.
Ma torniamo alla mia casetta, i sette nani ci starebbero larghi, io faccio molta fatica, perché è davvero piccola, 46 mq terrazzi inclusi, però è indipendente su quattro lati, ovvero nessun rompi…scatole, niente vicini molesti, niente muffa o ratti, solo qualche ragnetto che lascio traquillo nel suo angolino e che ricambia la cortesia liberandomi dagli insetti nocivi, a completare il quadro c’è un bel giardino.
Veramente il giardino è più un’aiuola visto che misura 1,5 x 1,5 metri, ma all’agenzia immobiliare la pubblicizzavano così: “vendesi casetta con giardino privato”, la casetta c’era, il giardino privato no.
Ebbene da circa un mesetto, il mio giardino-aiuola è diventato lo scenario di alcuni strani avvenimenti.
Tutto iniziò una mattina durante il lockdown. Abitando in un posto semi-sperduto, ho avuto la fortuna di poter uscire da casa per fare passeggiate nel bosco anche quando gli altri erano costretti a rimanere in casa.
Non mi vanto di aver trasgredito, solo che non avrei potuto contagiare nessuno seppur fossi stato positivo al virus, e nessuno avrebbe potuto contagiare me poiché non c’è mai nessuno in giro, men che meno nel bosco o nei campi.
Gli unici incontri che potrei fare e spesso faccio sono con gli animali, cervi, caprioli, volpi, scoiattoli, bisce, poiane, corvi e in inverno anche il lupo, ma più frequentemente qualche micio che, come me, ama gironzolare ed esplorare i paraggi.
Tornando al mio giardino-aiuola, una mattina appena uscito di casa, notai una buca proprio in mezzo all’aiuola e alcune piantine sradicate e calpestate.
Una buca di circa 15-20 cm di diametro, ma non una buca vuota, bensì una buca che qualcuno aveva utilizzato, il souvenir… in bella mostra al centro non lasciava spazio a dubbi, era stata utilizzata come fosse un WC!
La mattina successiva le buche erano diventate due, stesse dimensioni, stesso… contenuto.
Il terzo giorno ancora una buca, ancora un souvenir. La cosa iniziò a puzzare!
Chi poteva essere così sfrontato e maleducato da condurre il proprio cane a fare i bisogni proprio nel mio giardino? E con tutta la campagna presente nei dintorni!
Decisi che quella sera mi sarei appostato dietro un angolo, nascosto tra la scala d’accesso alla casetta e il garage, a costo di trascorrere tutta la notte camuffato da spaventapasseri, avrei colto sul fatto il malfattore.
Il caso volle che la prima sera di appostamento non si vide nessuno e infatti al mattino non vi erano buche nuove.
La seconda sera ero ancora deciso a beccare lo str…o, ehm… il gran maleducato autore delle buche. Purtroppo dopo circa un’ora di attesa, dovetti assentarmi un paio di minuti per fare pipì, al mio ritorno potei constatare, con non poca arrabbiatura che il visitatore notturno aveva già commesso il suo crimine.
In me aumentava l’ira, mi sentivo preso in giro, e mi ero promesso che se avessi colto sul fatto il farabutto autore delle buche, anzi il suo padrone, gli avrei tirato addosso i suoi stessi souvenir!
La terza sera mi appostai ancor più determinato a fare giustizia.
Quando la campana della chiesa suonò le 23.00 una sagoma si avvicinò furtiva.
Il buio non mi permise di capire che razza di cane fosse, ma ero fiducioso che l’avrei presto scoperto. La luce di un lampione, colpiva un angolo dell’aiula colorandola di un fioco arancio tendente al blu.
La sagoma annusò a destra e a manca, scalvalcò con un goffo saltello la piccola bordura in cemento ed entrò nell’aiuola dove continuando ad annusare e a grufolare con il muso, sradico alcune giovani piantine e inizio a scavare un’altra buca. Non aveva guinzaglio né collare, ma io ero certo che il padrone fosse poco distante e sarebbe comparso a breve e già pregustavo la sua faccia sorpresa al mio coglierlo sul fatto, intanto montava in me l’ira, la rabbia, la furia, ancora pochi secondi e mi sarei trasformato in super Saiyan.
Sono animalista, ambientalista ed ecologista e non potrei fare del male a un cane così come farei fatica ad uccidere un qualsiasi insetto, anche il più viscido, ma iniziavo a temere per l’incolumità del padrone qualora l’avessi preso…
Finito il suo bisogno, l’incognito animale continuò ad annusare e grufolare all’interno della mia aiuola, finché non si fermò nell’area colpita dalla luce del lampione e così finalmente lo vidi.
Lo vidi chiaramente e nello stesso istante, tutta la rabbia e la furia omicida che via via erano aumentate, si dissolsero completamente.
In un frangente, mi ero trasformato da killer pronto a colpire con raffiche di insulti e parolacce, in un novello Siddharta, in pace con me stesso e con il mondo intero, nella pienezza del Nirvana.
A rendermi così pacifico e innocente, un tenero musetto striato di bianco e di nero, due occhi luccicanti, e un naso all’insù.
Doveva avermi fiutato e si era immobilizzato. Gli animali quando fiutano il pericolo e non sono presenti piccoli da proteggere, hanno due sole possibili reazioni: fuggono oppure si rendono invisibili diventando immobili in attesa dell’attimo propizio per fuggire.
La sua immobilità, ma in piena luce, mi permise di ammirarlo per un’eternità lunga pochi secondi. Era un magnifico tasso.
Il tempo di trattenere il fiato e di respirare nuovamente, che quello fuggì senza neanche un sibilo.
Da quella sera, aspetto con trepidazione, una nuova visita solamente per godermi lo spettacolo. La fortuna ha voluto che durante il lockdown, con le persone chiuse in casa e le automobili che non circolavano, la fauna selvatica si è spinta fin dentro i centri abitati.
Adesso le visite sono regolari, mi sono spinto a lasciare del cibo, frutti e semi, la mia aiuola offre anche tanti lombrichi. Il tasso sembra gradire.
Qual è la morale di questa storia? Non c’è, o forse si.
Per come la vedo io, Madre Natura si riappropria degli spazi che le abbiamo sottratto, a ricordarci che si può coesistere ma per farlo è necessario il rispetto delle sue sacre leggi, inutile dire chi, fra uomini e animali, le ha sempre disattese.

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