Sorpreso dalla pioggia mentre mi accingevo a giungere in cima alla Collina di San Lorenzo, ho dovuto accelerare il passo per evitare di inzupparmi, adesso mi ritrovo a sostare sotto il portico d’ingresso della Cappella del XII secolo che domina la vallata e che dona il nome alla collina.
Una mandria di mucche pascola più a valle, non riesco a vederle, ma muggiti e campanacci producono suoni che giungono con un leggero riverbero. Siedo sui gradini d’ingresso della chiesetta, non ho mai potuto vederne l’interno poiché l’apertura al pubblico avviene solo due o tre volte l’anno.
Mentre scrivo questi pensieri, un ragno tenta la scalata della mia gamba sinistra.
Giunto all’altezza del ginocchio, lo soffio via e lui cade leggero come la prima neve d’autunno.
Un arcobaleno preannuncia l’imminente scampata pioggia, sebbene il sole, che non è mai stato del tutto coperto, ha continuato a scaldare l’aria e la mia schiena umida.
Tra poco riprenderò il cammino, questa coda di primavera è piuttosto dispettosa e potrebbe cambiare umore da un momento all’altro.
Il ragno adesso tenta la scalata della gamba destra, al momento è intento a studiare la trama in mesh della mia calzatura sportiva.
Si sta avvicinando la fine dell’anno scolastico. Sono riuscito a concludere il programma in tutte le mie classi, con alcuni disagi per quanto riguarda le classi terze, in quanto dal rientro delle vacanze di Pasqua, tra ponti, festività, gare di atletica, gite e prove di spettacoli teatrali e musicali, ho potuto svolgere appena un paio di lezioni, ho invece accumulato un grande senso di frustrazione, non era così che avevo programmato di separarmi da questi ragazzi.
Verso la metà di maggio sono stato piuttosto duro con loro, il nervosismo generato dall’ascoltare il giorno prima, commenti negativi e sprezzanti nei confronti dei miei alunni, da parte dei colleghi in sede di consigli di classe, non mi hanno fatto piacere, perché sono sempre stato un loro strenuo difensore e sentirli attaccare, senza tenere conto di ciò che hanno dovuto affrontare nel corso di quest’anno (la morte improvvisa di uno dei loro docenti) significa non aver compreso assolutamente nulla di questi ragazzi.
Ho quindi cercato di spronarli a impegnarsi maggiormente, a non mollare proprio a pochi metri dall’arrivo, a compiere un ultimo sforzo per dimostrare il loro immenso valore, ho scelto forse il modo più crudo e diretto per stimolarli, forse sbagliando, ma solo perché a loro tengo molto.
Avevo in mente un finale diverso, una sorta di “Gran Finale”, per il quale avevo già effettuato una serie di acquisti, tra cui, caramelle, gommose, colori in polvere per la “color run”, e dei piccoli gadget da lasciare a ciascuno di loro in ricordo del tempo trascorso insieme, invece stress, fretta, apprensione per gli imminenti esami e scarsa o nulla collaborazione da parte di alcuni colleghi, hanno spazzato via le mie speranze.
Da domani non mi resterà che un’ultima settimana per godere della presenza dei miei alunni, so già che mi mancheranno e che mi rimarrà un senso di vuoto assoluto, un vuoto che ogni anno provo a colmare con questi ragazzi, riuscendoci, almeno finché non arriva giugno e con esso, si avvicina il termine delle lezioni, roba da ricovero immediato in manicomio, dovrei festeggiare la conclusione di un intenso anno di lavoro, in cui, come sempre, non mi sono risparmiato, invece mi sembra sempre di rivivere un lutto.
So che probabilmente rivedrò molti di loro a settembre, questo mi conforta, non essendoci più il vergognoso Green Pass, non rischierò di restare nuovamente fuori dal mio mondo, ma non rivedrò più i ragazzi delle terze, i ragazzi a cui sono più affezionato, quelli che ho conosciuto due anni addietro, quelli che mi hanno salvato due anni addietro, tirandomi fuori da un abisso di tristezza e di malinconia in cui ero precipitato e dal quale in pochi riescono a uscire, e ancora meno sono quelli che, dopo esserne usciti, non vi fanno rientro in seguito.
Se due anni fa, ho ripreso in mano la mia vita, lo devo soprattutto a questi meravigliosi ragazzi, per questo voglio loro un gran bene, per questo per loro ho fatto e farei qualsiasi cosa, ho un debito nei loro confronti, anche se loro lo ignorano.
Due gatti, distesi ai margini di un campo, mi osservano incuriositi, uno dei due ha un lieve strabismo che lo rende molto simpatico.
Non sembrano affatto intimoriti dalla mia presenza, ne approfitto per scattare loro una foto, dopo li saluto amichevolmente e proseguo il cammino.
Dalle case più a valle avverto l’abbaiare dei due maremmani che sono soliti fare la guardia, devono avermi visto e come al solito mi danno il loro “caloroso benvenuto” ringhiando e mostrando i denti aguzzi.
Amo i cani, ne ho avuti tre prima di sposarmi, ma non ho mai tollerato i cani alla catena.
Penso che bisogna essere piuttosto malati di mente per tenere un cane solamente perché faccia la guardia al fortino, nessun ladro viene scoraggiato dal compiere un’azione criminosa da un simile deterrente, se la villa in cui vuole introdursi è presidiata dai cani, quello entrerà ugualmente, e a rischiare la vira saranno i quadrupedi, tutt’al più si finirà per scoraggiare il ladruncolo occasionale, il tossicodipendente (che comunque difficilmente va a prendere di mira ville di siffatte dimensioni e apparenza), senza considerare i disagi a cui andrà incontro il postino o il corriere, che così avranno una scusa in più per lanciare i pacchi anziché riporli con cura nei pressi della cassetta delle lettere.
Alcuni ciliegi sembrano volermi offrire i propri frutti dal rosso ancora troppo vivace. Ne assaggio alcuni, il sapore risulta ancora piuttosto acidulo, bisognerà attendere un paio di settimane ancora, affinché siano mature e dolci.
Mentre torna a farsi sentire una leggera pioggerella, un capriolo sbuca improvvisamente dal folto della vegetazione, devo averlo allarmato con il rumore dei miei passi. Dapprima scatta via, poi s’immobilizza di fronte a me.
Fermo anch’io ogni muscolo e per alcuni istanti ci osserviamo reciprocamente.
Cerco di estrarre con estrema calma il telefono dalla tasca dei miei pantaloncini, vorrei scattargli una foto, ma non faccio in tempo a pensarlo che quello schizza via al primo cenno di movimento, come Madre Natura deve avergli insegnato.
La foto che immortala la sua fuga risulta mossa e sfocata, comunque uno spettacolo di cui sono stato spettatore privilegiato.
Capita sovente di incontrare caprioli, lepri, volpi e scoiattoli, ma non così da vicino.
Continuo a scendere più a valle mentre si avvicina l’ora del tramonto, un’ora che, in un recente passato, era per me molto critica, ma adesso riesco a esorcizzare mettendomi a correre a perdifiato sulle note di The Brink degli australiani The Jezabels, ma mi è di grande aiuto il pensare ad alcuni degli alunni a cui sono più affezionato, ai loro occhi meravigliosi, ai loro sorrisi, quelli davvero degni di un “Gran Finale”.
Giunto a valle, diriggo i miei passi verso Vasco, per fare ciò, devo percorrere un paio di chilomentri in salita sul versante della Collina di San Lorenzo, opposto a quello da cui sono appena disceso.
Ancora una corsa a perdifiato, adesso le note sono quelle dei One Republic, con “Stop And Stare”.
Quando giungo alla fine della salita sono inzuppato di sudore, ma l’umore è tornato alto e mi sento bene, come sempre mi capita quando penso ai miei ragazzi.
Sono quasi giunto in paese, prima di rientrare farò una breve visita al campo in cui sono solito raccogliere tarassaco e piantaggine, giusto per riprendermi dalla corsa, questa è l’ora in cui i caprioli brucano l’erba e non c’è niente di meglio per concludere la mia camminata.