Volo Torino-Francoforte.
Iniziano oggi le mie vacanze di Pasqua.
Uscito da scuola alle ore 13, sono immediatamente corso in stazione e, contrariamente a quanto sono solito fare, ho preso il treno in direzione Torino, anziché quello in direzione Savona, a bordo dovrei trovarvi mia moglie.

Mi trovo a partire per la prima volta senza alcun entusiasmo, l´euforia che in genere caratterizzava la fase dei preparativi del viaggio e che mi faceva trascorrere in bianco la notte che precedeva la partenza, questa volta non mi ha neppure sfiorato.
Sono rimasto nell’indecisione, se partire o meno, fino all’ultimo. Nello stato in cui mi trovo, viaggiare mi mette angoscia, lo so bene ormai, la provo tutti i santi giorni sui regionali che da Mondovì mi conducono a Cavallermaggiore e viceversa, tragitto che faccio da quasi quattro anni, ma che prima di cadere in questo stato di malessere, lo scorso dicembre, non mi causava alcun disagio.
L’apice dell’assurdo, l’angoscia più estrema, giunge nelle ore che precedono il crepuscolo, difatti maledico i giorni in cui si svolgono i Consigli di Classe o il Collegio Docenti, impegni che vengono calendarizzati sempre al tardo pomeriggio e che non si concludono mai nell’orario stabilito, facendo sì che i miei passi solitari, mi portino in quella piccola stazione di provincia, proprio nell’ora più odiata e temuta, cioè verso il tramonto.
Dovessero arrivare orde di vampiri non rimarrei così attanagliato dall’inquietudine e dal terrore, invece arriva la malinconia più atroce, i pensieri più tristi e le lacrime scendono giù copiose.

Nonostante io abbia studiato arte, solo ora posso davvero comprendere appieno il significato de “L’urlo” di Munch.

In questi mesi mi sono ancor più concentrato sul lavoro e sui miei alunni, peggio di uno zelante stacanovista, ma era l’unico modo che avevo per non lasciare che la mente potesse giostrare a suo piacimento, conducendomi sempre nei medesimi oscuri territori della mente, per questo l’imminente arrivo delle vacanze, che significano obbligatoriamente interrompere con il lavoro, mi ha messo in un tale stato di prostrazione, che alla fine ho deciso di partire, almeno potrò distrarmi, passare del tempo con mia madre e mio fratello che non vedo da due anni, loro sono felicissimi del mio arrivo, anche se preoccupati per la mia attuale condizione che perdura ormai dallo scorso Natale.

Porto con me solamente il mio zaino 18 litri, con due paia di calzini e altrettante paia di slip, oltre quelli che indosso, alcune t-shirt, un maglioncino e una felpa, la mia reflex, un impermeabile tascabile, due matite morbide, il taccuino da disegno, la gomma pane, manca il taglierino, ma me lo farò prestare da mio fratello, dato che se l’avessi portato, non avrebbe superato i controlli di sicurezza in aeroporto. Fra le mie cose c’è anche un libro di Krishnamurti (Educare alla vita), un astuccio da toilette con spazzolino da denti, dentifricio e deodorante, dopobarba, infine il telefono e gli auricolari.

Per la verità porto anche un sacchetto con mandorle, pinoli, pistacchi, noci e nocciole poiché, anche se da 7 anni non prendo più alcun genere di farmaco, la depressione in cui sono caduto necessita di essere affrontata almeno con il supporto di ansiolitici naturali, il triptofano che questa frutta secca contiene, dovrebbe innalzare i livelli di serotonina prodotta dall’organismo e farmi guadagnare un po’ di buon umore, non ho pensato neanche nei momenti più bui di rivolgermi ad uno “specialista” o di assumere degli psicofarmaci, ho conosciuto fin troppe persone che ne fanno uso e non voglio rimanere impantanato a vita nelle trappole chimiche, che trasformano un essere umano capace, in una sottospecie di umanoide zombificato, incapace di svolgere anche le più semplici attività e la normale routine, o peggio ancora, che inducono la persona che li assume a prendere decisioni irreparabili e fatali.

Se il meteo sarà favorevole, nei prossimi giorni potrò andarmene a spasso nei campi con mio fratello e il suo cane, o fare dei giri in bici, il bosco è attraversato da un’intricata serie di sentieri ciclabili, uno dei quali conduce fino a Karlsruhe, altri arrivano fino al Reno, mio fratello vorrà sicuramente portarmi nella Foresta Nera per qualche escursione un po’ più impegnativa, per me ogni proposta utile a “distrarmi” è ben accetta.

Se invece ci sarà cattivo tempo, potrò comunque disegnare, attività che mi distende, spero di trovare dei soggetti interessanti, intanto alcune alunne delle mie classi hanno gentilmente prestato i loro volti, potrò così cominciare con il disegnare quelli, almeno avrò la loro dolcezza negli occhi, e potrò pensare a persone cui sono molto affezionato. In ogni caso, mio fratello non ha problemi a uscire anche con il maltempo, d’altronde neanch’io e devo dire che alcune delle migliori escursioni che abbiamo fatto insieme in passato, sono state caratterizzate da giornate particolarmente piovose.

Guardo fuori dal finestrino, il cielo è sereno, il sole risplende sopra un oceano di nuvole candide che sembrano fondersi con le vette delle Alpi svizzere, chiunque contemplando uno spettacolo simile si sentirebbe onnipotente, coinvolto dalla grandiosità della scena, a me invece questa distesa infinita trasmette una sensazione di vuoto immenso.

Osservo gli altri passeggeri, nei loro volti traspare serenità, gioia, spensieratezza, qualcuno sonnecchia beatamente, qualcun altro sgranocchia uno snack, buona parte smanetta lo smartphone, mi sento un estraneo.

Continuo a chiedermi per quale motivo mi sia toccata questa sorte, ma immediatamente la coscienza ha un sussulto e presenta il conto.
Adesso mi sento ingeneroso e irriconoscente, c’è gente che sopporta patologie ben più gravi, alcuni portano pesanti croci sulle proprie spalle da quando sono nati, mentre la cosa più grave che mi sia accaduta, è stata la frattura della caviglia sinistra e la lesione completa del legamento peroneo-astragalico anteriore, quando avevo 23 anni e nel bel mezzo di una maratona che volli ostinatamente concludere, non per orgoglio, ma perché credevo che il dolore fosse quello di una banale distorsione della caviglia, scoprì solo alcuni giorni dopo, con l’aumentare del dolore e con la caviglia che non si sgonfiava, che c’era un trauma un po’ più serio.

Il mio cuore è in uno stato di perenne agitazione, avverto sempre calore al volto, anche quando fa freddo e il vento è gelido, le gambe non stanno ferme un istante e fatico anche a star seduto accanto a Elena, la mia dolcissima alunna, che deve aver avvertito il mio cambiamento di stato psichico, dato che ogni tanto mi chede cosa ho… mi sento in colpa anche nei suoi riguardi e cerco di dare tutto me stesso nel preparare i suoi compiti e nell’affiancarla ogni giorno a scuola, tra appena due mesi ci saranno gli esami di terza media e vorrei che la sua prova fosse un lieto evento, non solo per lei e la sua famiglia, ma per tutti quelli che vi assisteranno, so già che soffrirò anche per questo ormai prossimo distacco, ma non c’è nulla di strano, ho sempre legato con gli alunni assegnati alle mie cure, mi è sempre dispiaciuto quando dovevo congedarmi da loro, ma Elena è la prima alunna che ho potuto affiancare per l’intero percorso alle medie, l’ho vista crescere ed evolvere, impossibile non provare affetto per lei, so che quando verrà il momento di separarmi da lei, piangerò come una zitella ad un matrimonio.

Da ormai quattro mesi non faccio che percorrere una ventina di chilometri al giorno, in cammino o di corsa, ho perso oltre 20 kg ritrovando dopo molti anni il mio peso forma, ho scalato un 3000 m in solitaria, ho provato l’ebrezza della caduta libera, riuscendo anche ad ottenere il brevetto di paracadutista, che probabilmente non userò mai più, potrei iscrivermi alla maratona di New York sicuro di riuscire a concluderla, potrei attraversare il deserto del Gobi o le Terre selvagge con la certezza che nulla di tutto ciò placherebbe il tormento che ho nell’anima.

Pochi giorni addietro durante la gelata che ha causato disagi alla circolazione ferroviaria e la cancellazione di parecchie corse, ne ho approfittato per camminare lungo i binari da Savigliano, dove mi aveva accompagnato una collega convinta che poi avrei preso il treno… fino a Fossano dove abita un caro amico libraio che mi ha poi condotto a casa.

Non so perché ho intrapreso l’assurda iniziativa di percorrere i binari a piedi, forse una sfida con me stesso, forse per non farmi vedere piangere, forse perché speravo che passasse un treno, fortunatamente i pochi viaggiatori in attesa sulla banchina nella stazione di Fossano non hanno badato a me, troppo impegnati ad imprecare e inveire contro Trenitalia, la Regione Piemonte, il Governo e il maltempo, mi hanno fatto ritornare un’insperata allegria, ho immediatamente chiamato il mio amico, che ha subito compreso e senza esitare mi è corso incontro. Miserabile quell’individuo che in momenti simili non potrà contare almeno su un amico o quello che, sotto l’effetto di psicofarmaci, si appresta a farla finita con apparente tranquillità.

Anche mia moglie al mio arrivo a casa si è mostrata premurosa e comprensiva, ma lei ignora la mia passeggiata sulle rotaie, non voglio rovinarle il sonno e la vita più di quanto non abbia già fatto, le basta quello che ha patito nella sua infanzia.

Mi ha chiesto fino all’ultimo se gradivo la sua compagnia in questo viaggio, giacché, a causa delle mie imprevedibili reazioni, non sa mai come porsi. Non volevo offenderla rifiutando la sua offerta, volevo offrirle una tregua, da quattro mesi sopporta le mie crisi, il mio malessere e la follia che ha imprigionato la mia mente, ma non sono riuscito a dirle di rimanere a casa, e così, alla fine, è partita con me e forse è meglio così, ma alla prenotazione del volo non abbiamo trovato dei posti adiacenti, per cui lei si trova una decina di metri più avanti.

Spero che questo viaggio possa servire a entrambi e che al nostro ritorno, fra dieci giorni, potremo esserci lasciati alle spalle il peggio, ma non mi faccio molte illusioni.

Arriveremo a Francoforte tra una mezzoretta, un’ora prima del tramonto, ad attenderci dovrebbero esserci i miei familiari.
Le loro domande, i loro resoconti, la loro compagnia, per una sera mi farà dimenticare l’angoscia che giunge al calar delle tenebre, almeno lo spero.

 

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